ANALISI DEI DATI E PROSPETTIVE DI RICERCA
Il territorio del Comune di Marsciano è stato antropizzato già in età preistorica
ed è stato quindi abitato in età etrusca, dall’epoca arcaica alla fase ellenistica, e
quindi senza soluzione di continuità nel periodo romano, medioevale e moderno.
La presente indagine è circoscritta cronologicamente alle fasi comprese fra la
preistorica e l’età romana tardo-imperiale (cfr. fig. 2), mentre per i periodi più
recenti si può rinviare, oltre che alla schedatura effettuata dalla Crace per la
“Precatalogazione dei beni culturali del Comune di Marsciano”, alle analisi di
Ascenso Riccieri, Memorie storiche del Comune di Marsciano a tutto il secolo XVI
con uno statuto inedito e documenti, Assisi, 1914; Francesco Cavallucci,
Marsciano. Territorio e nuclei urbani: un’indagine, Milano, 1984 e Pietro
Caruso, Marsciano: le sue frazioni, la sua gente ieri, oggi e domani, Collazzone,
1997.
Al periodo Paleolitico risalgono le prime frequentazioni documentate lungo il
torrente Fersinone, nella cosiddetta “Buca del Diavolo”, un riparo in grotta dove
sono stati prelevati strumenti litici (bulini e raschiatoi carenati).
Ad una fase più recente, intorno al III millennio a.C., sono databili alcuni
rinvenimenti di età eneolitica, pertinenti sia ad una stazione presso Monte
Verniano (scheda n. 27), dove sono stati prelevati numerosi strumenti in selce, sia
ad una sepoltura, probabilmente del tipo a falsa grotticella, scoperta nel 1993
presso Casanova di S. Biagio della Valle (scheda n. 4). Il corredo era costituito da
ceramica e da armi in rame, fra cui un pugnale ed un’ascia non lontani
tipologicamente da altri esemplari, ora nella collezione Bellucci, provenienti
genericamente da Marsciano (scheda n. 31).
Per l’età etrusca arcaica abbiamo numerose attestazioni (cfr. schede nn. 5, 11;
probabilmente a questa fase vanno ascritte anche le segnalazioni delle schede 15,
16, 19-21, 29), sintomo della compiuta occupazione del territorio, con l’emergere
di tombe isolate di alto livello che sottolineano la ricchezza ed il potere
accumulato da alcuni principes guerrieri. Emblematico in tal senso il caso della
tomba in voc. Fonte Ranocchia di S. Valentino, dove furono rinvenuti i
famosissimi “tripodi Loeb”, fra i più interessanti bronzi della seconda metà del VI
sec. Tale rinvenimento, che si affianca tipologicamente ad altri importanti tombe
del territorio perugino, come quella da S. Mariano di Corciano, è anche indice
delle modalità di sviluppo e occupazione del territorio da parte di Perugia, centro
che manifesta un ritardo nell’evoluzione verso la strutturazione urbana rispetto sia
ai grandi centri etruschi costieri che alla più vicina Orvieto (F. Roncalli, in
Antichità dall’Umbria a Leningrado, Perugia, 1990, p. 81).
In età ellenistica tutto il territorio perugino viene occupato da numerosissimi
insediamenti sparsi, di cui sono testimonianza i frequentissimi rinvenimenti di
urnette, spesso iscritte, che costellano anche il marscianese. Tali reperti (vedi
schede nn. 1, 3, 8, 13, 14, 17, 24, 25) sottendono la presenza di più cospicue ed
articolate necropoli, che solamente una lacuna della ricerca non ha permesso
sinora di individuare, e sono il sintomo evidente di un alto livello di sviluppo e di
una certa ricchezza dell’area (F. Roncalli, in Antichità dall’Umbria in
Vaticano,Perugia, 1988, p. 83). In anni recenti, grazie alla collaborazione fra
privato proprietario e Soprintendenza, è stato possibile scavare e documentare una
necropoli pertinente a questo orizzonte cronologico, collocata lungo uno degli
assi viari che collegano il marscianese con Perugia, la necropoli presso
Strozzacapponi (P. Bruschetti, Necropoli etrusca di Strozzacapponi, Corciano
(Perugia), Soprintendenza Archeologica per l’Umbria, pieghevole inedito). In
un’area molto limitata sono state rinvenute 55 tombe a camera, caratterizzate
dalla presenza di urnette cinerarie in travertino.
Un’indagine sul territorio potrebbe dare importanti risultati, di verifica e di
arricchimento delle testimonianze di questa fase, non solo con l’individuazione di
necropoli, ma anche con la documentazione di aree di insediamento, tipologia che
attualmente è virtualmente assente dai dati sinora disponibili.
Le segnalazioni relative all’età romana si collocano spesso significativamente
su siti già frequentati in età etrusca, attestandone la continuità, come nel caso di S.
Biagio della Valle (schede nn. 2-3), S. Valentino (n. 12 e 11, 13, 14), Spina (nn.
7-8), Papiano (nn. 22 e 23-24).
Numerosi rinvenimenti sono attestati lungo la fascia sinistra del Tevere, poco
distanti dai confini del territorio di Marsciano, fra Deruta e Collepepe (ad es. G.
G. Becatti, Carta Archeologica F130, I NE, 1934, nn. 10-14; M. Bergamini
Simoni, Rinvenimenti monetali inediti nel territorio di Todi, in Assisi e gli Umbri
nell’antichità, Atti del Convegno 18-21.XII.1991, (Assisi 1996), pp.45-91; P.
Bruschetti, Una villa sul Tevere: insediamenti e vie d’acqua, in Assisi e gli Umbri
nell’antichità, Atti del Convegno 18-21.XII.1991, (Assisi 1996), pp. 153-170);
sicuramente l’abbondanza di terre fertili di questa valle ha costituito un forte
richiamo all’insediamento ed allo sfruttamento dell’area, in un periodo storico in
cui meno pressanti erano le esigenze di difendibilità che potevano far privilegiare
gli insediamenti in altura.
Il territorio di Marsciano in età antica è storicamente compreso in quello di
Perugia, i cui confini verso sud appaiono rappresentati dal corso del fiume
Nestore (L. Banti, Contributo alla storia e alla topografia del territorio perugino,
in SE X, 1936, pp. 97-128). Ancora a sud, in corrispondenza dell’attuale territorio
del Comune di S. Venanzo, si estendeva il territorio antico di Orvieto: fra questi
due centri maggiori Marsciano funge da cerniera, ed il suo territorio è attraversato
dalla viabilità di collegamento fra le due città. Tale situazione, dettata da fattori
geo-morfologici e storici, si perpetua anche in età medioevale, quando Marsciano,
alla fine del Duecento, è compresa nella Diocesi di Perugia, ma ha anche
numerosi ed importanti contatti con Orvieto (E. Carpentier, Orvieto á la fin du
XIIIe siècle, Parigi 1986, p. 59, 77 e passim)
La viabilità antica è a tutt’oggi piuttosto ben conservata, anche se ovviamente
prevaricata dai moderni sistemi viari di scorrimento più veloce (fig. 2); essa si
disponeva “a pettine” da nord/nord-est a sud/sud-ovest, e disponeva di tre
direttrici, quasi parallele fra di loro. Ad est correva la Via Amerina, che si imposta
nel III sec. a.C. su tracciati più antichi, e che metteva in comunicazione Tuder e
Perusia lungo la valle del Tevere, secondo un percorso non dissimile da quello
dell’odierna E-45; più ad ovest, nella porzione centrale del territorio comunale, la
“strada della Collina” collega oggi come in antico i centri di S. Enea, S. Valentino,
Cerqueto, Marsciano. Ancora ad ovest, infine, la “strada orvietana”, che
scendendo da Perugia attraverso i centri di S. Biagio della Valle e Spina, ed
attraversando il territorio di San Venanzo, giungeva ad Orvieto.
Parallela alle altre strade già citate, non dobbiamo dimenticare la via d’acqua
per eccellenza costituita dal fiume Tevere, che in antico era certamente navigabile,
come ci attestano numerose fonti antiche, che riferiscono di rifornimenti di grano
arrivati a Roma già nel V sec. a.C., in occasione di alcune carestie, o di aiuti in
legname, grano ed armi che Perugia ed Arezzo inviarono a Scipione l’Africano nel
204 a.C., in occasione della seconda guerra punica (sulla navigabilità del Tevere in
antico, Il fiume Tevere. Proposte per indagini interdisciplinari, quaderno n. 1 del
Centro Interuniversitario per l’Ambiente, Perugia 1990, pp. 46ss.). La valle umbra
sicuramente doveva usufruire di questa via, che oltre a fungere da cerniera nei
confronti del mondo umbro, risultava particolarmente efficace per il trasferimento
di legname, derrate alimentari, materiale da costruzione, merci che sarebbe stato
oneroso trasportare per via di terra. Significativi a questo proposito sono i
rinvenimenti di strutture portuali ad Otricoli e Pagliano (alla confluenza fra Tevere e Paglia, presso Orvieto),
che forniscono un indirizzo di ricerca valido anche per il
territorio marscianese.
I risultati sin qui raccolti offrono certamente una visione parziale della
ricchezza archeologica del territorio in esame, anche perché riferiti per lo più a
rinvenimenti del XVIII-XIX, generalmente non sostenuti da ricerche vere e
proprie, ma frutto dell’occasionalità.
La continuità di frequentazione attestata, l’importanza di alcuni dei trovamenti,
che testimoniano la ricchezza ed il livello della committenza già da epoca etrusca
arcaica, la prosperità dell’area portano a ritenere che la Carta Archeologica possa
essere fortemente implementata con ricerche mirate sul terreno.
Alcuni siti potrebbero essere particolarmente “promettenti”, come l’area presso
Spina (scheda n. 7) da cui vengono terrecotte e frammenti di statue marmoree, o la
zona fra S. Valentino e Castello delle Forme, dove si concentrano i rinvenimenti
d’epoca etrusca: tali siti dovranno essere verificati in sede di ricognizione
archeologica per trarre indicazioni più precise.