STORIA DEGLI STUDI
Il territorio del Comune di Marsciano non è mai stato oggetto di uno studio
archeologico monografico edito; storicamente esso viene inserito nell’ambito del
territorio perugino antico, ed entra quindi a far parte delle analisi riservate a
quest’ultimo (si veda, ad esempio, l’utilissima raccolta di dati in L. Banti,
Contributo alla storia e alla topografia del territorio perugino, in SE X, 1936, pp.
97-128, o le segnalazioni in G. Dareggi, Urne del territorio perugino, in
Quaderni dell’Istituto di Archeologia dell’Università di Perugia, I, 1972, pp. 13-
64).
I primi rinvenimenti archeologici conosciuti confluiscono per lo più nelle
grandi sillogi che segnano la nascita di un approccio più rigorosamente scientifico
agli studi archeologici; in particolare nel caso di Marsciano fondamentali
risultano le indicazioni del Corpus Inscriptionum Etruscarum, iniziato dal Pauli
nel 1893, dove compaiono molte iscrizioni etrusche su urne in travertino, una
delle tipologie più frequenti di ritrovamenti in quest’area (cfr. schede nn. 1, 3, 17,
25).
Allo stesso orizzonte cronologico sono pertinenti alcune utili indicazioni che
vengono fornite dalle “Memorie, ove si è scavato da Mauro Faina”, un diario di
scavo compilato da Mauro Faina nel 1864-1865, riportato in un brogliaccio di
Luciano Bonaparte, Principe di Canino, e conservato nell’archivio della
Fondazione Faina di Orvieto. Qui Mauro Faina, appartenente alla famiglia che
notevole rilevanza ha avuto nell’Ottocento per la storia degli studi e delle ricerche
archeologiche nell’area fra Orvieto, Perugia e Chiusi, annota alcuni appunti su
ricerche e scavi effettuati presso Perugia, Todi, Orvieto, Bolsena, citando anche
alcune località del marscianese (cfr. schede nn. 9, 18, 23, 26, 32).
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Una consistente percentuale di rinvenimenti si colloca nei primi decenni del
Novecento, fatto dovuto forse in parte ad un più intensivo sfruttamento del
territorio (cfr. schede nn. 7, 11, 15, 21, 22). Nei primi anni del secolo avviene
quello che è considerato il ritrovamento più importante del territorio marscianese,
sicuramente il più noto: la scoperta dei cosiddetti “tripodi Loeb” (cfr. scheda n.
11), tre tripodi bronzei decorati a sbalzo con animali fantastici, scene del mito di
Eracle e del ratto di Teti da parte di Peleo. Pertinenti ad una tomba il cui corredo
venne subito disperso, sono databili nella seconda metà del VI sec. a.C. e
testimoniano il livello raggiunto dalle aristocrazie locali in questo periodo.
In questi anni si focalizza anche un importante filone di studi sulla Preistoria e
Protostoria della penisola italiana, che non manca di trovare elementi di interesse
in quest’area (cfr. schede nn. 27, 28; U. Calzoni, L’Umbria preistorica. Tracce di
stazioni eneolitiche a Monte Vergnano, Perugia Vecchia e Monte Belveduto,
Perugia 1923, pp. 5-6).
Più sporadiche invece le segnalazioni di rinvenimenti nei decenni a noi più
vicini, quando però la metodologia scientifica acquisita ci permette di trarre dati
molto più completi ed interessanti, come per le tombe scoperte a Casanuova di S.
Biagio della Valle (cfr. scheda n. 4) e loc. Colle Belvedere di Villanova (cfr.
scheda n. 6). Per entrambe le sepolture, accuratamente studiate, nel primo caso,
dalla dott.ssa Maria Cristina De Angelis, nel secondo, dalla dott.ssa Marisa
Scarpignato della Soprintendenza Archeologica per l’Umbria, si è proceduto
anche all’esame antropologico dei resti umani.
Come nella quasi totalità dei casi, si è trattato di rinvenimenti occasionali,
dovuti alle attività agricole o ad operazioni di sterro: questo fenomeno, unito alla
altissima percentuale di ritrovamenti risalenti al Sette-Ottocento, fa sì che spesso
molto scarne siano le indicazioni e le notizie desumibili dalle menzioni qui
raccolte. D’altro canto, tali fattori ci lasciano ipotizzare che una ricerca
archeologica moderna, mirata e scientificamente adeguata, sarà in grado di dare
notevoli risultati.